Schede - Galleria Africa Curio

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Schede

 

         50 - SAKALAWA


           
        
       Grande figura femminile   
        Madagascar, regione del sud-ovest
        Altezza 127 cm
        (Collezione privata, Torino)
        Legno tenero a forte erosione diffusa

        Provenienza:  Asta CHRISTIE’S a Parigi del 14 giugno 2002, lotto 234
        “Art Africain, Océanien et Précolombien” (Ex collezione americana)  (483)

                       
    
 
I Sakalawa, come altri gruppi del Madagascar, avevano il culto degli antenati molto sviluppato.  
Scolpivano figure a sembianze umane che collocavano sopra una grande struttura palificata che segnalava il luogo della sepoltura di personaggi di rango elevato.
La struttura, a forma di quadrilatero, era abbellita con queste figure antropomorfe chiamate aloala alte anche due metri. Il loro nome deriva da alo una parola che significa intermediario o messaggero.
Le sculture di legno erano i messaggeri tra il mondo degli antenati ed i loro parenti.
Avevano la funzione di interpretare le richieste di assistenza e di aiuto nelle varie circostanze della vita quotidiana.
Questa figura femminile Sakalawa, tuttora in perfette condizioni, è scolpita secondo stilemi arcaici: figura simmetrica ripresa frontalmente, braccia allungate con mani appoggiate al ventre, seni sporgenti, viso ben modellato, pettinatura a piccole ciocche, assenza di piedi.
Il tempo trascorso all’aperto, sotto il sole e le intemperie, ha consumato il legno che ora presenta una forte erosione in tutte le sue parti. Tuttavia, quest’ azione, ha reso ancora più affascinante questa scultura mettendo in evidenza, nel suo aspetto, una maggiore
sensibilità delle forme.
 
 
                      
 
- AFRICAN ART - Pubblicazione Università della California, Los Angeles (UCLA),Spring 2000,  pag.33
- NEWTON DOUGLAS “African and Oceanic Art in Jerusalem: The Israel Museum Collection” Jerusalem
 2001, pag. 201  (445)                          
 
- BAMERT ARNOLD “Africa: Tribal art of forest and savanna” London 1980, pagg. 300, 301  (98)
 
- GOEDEFROIT SOPHIE & LOMBARD JAQUES “Regard sur l’art funéraire Sakalawa” articolo su Arts &
 Cultures 2008, pagg. 136 - 153, Pubblicazione dell’Associazione Amici del Museo Barbier-Muller, Ginevra.
 
 
(Foto Archivio- Rif. 04.378 bis)              




          7 - DOGON


           

Figura ancestrale
Mali
Altezza 40 cm
(Collezione privata, Milano)   

Legno duro ricoperto con un impasto
di sostanze sacrificaIl
  
Ex collezione Jorge Eielson, Milano.
Esemplare acquistato dal maestro in una galleria di Parigi durante
il suo lungo soggiorno francese
                       
    
La figura maschile che si copre il viso con le mani rappresenta Dyongou Serou, una
delle personalità mitologiche della ricca tradizione Dogon. E’ una divinità, partorita
dalla Terra, che avrebbe commesso un incesto con la propria madre.  
Gli scultori Dogon la rappresentano con le mani che nascondono il viso per la
vergogna.
Tutta l’opera è ricoperta con una densa patina sacrificale di colore grigio, ottenuta con
una miscela di cenere, sangue dì animale, terra e resina. Questa patina, caratteristica
delle sculture Dogon arcaiche, ha una funzione rituale ma anche protettiva del legno.

Questa scultura, che sembra uscire da una tavola di legno, forma un insieme
omogeneo con il blocco che lo scultore ha utilizzato. Una soluzione originale che
denota la mano di un grande maestro dell’arte Dogon. Le varie parti del corpo sono
trattate secondo una concezione che possiamo definire cubista.




AUTORI VARI “Dogon“ Musée  Dapper, Paris 1994   (322)
EZRA KATE “Art of the Dogon: Selection from the Lester Wundermann collection” MET,
New York 1988   (423)
LELOUP HELENE “Dogon” Musée  du Quay Branly, Paris 2011  (712)


(Foto Archivio - Rif. 04.87)







14 - BAULE'                                                                                
                           
                                    

                    
Figura femminile con bambino
Costa D’Avorio
 
Altezza  45 cm
 
(Collezione privata - Milano 2001)
 
 
Legno molto duro e pesante a patina
naturale; collana di perle al collo;
tracce di erosione alla base.

Proviene dall’antica collezione del giornalista svizzero Sandro Volta (°).
E' stata poi venduta a Carlo Monzino intorno al 1970. (Inventario n° 0087)
                                    
 
Secondo la ricercatrice americana Susan Vogel che ha documentato il mondo
dell’arte Baulè, questa statuina rappresenta il ritratto di una giovane donna che
allatta il suo bambino.
E’ stata conservata per lungo tempo dalla sua proprietaria che l’ha trattata con
grande cura, come si può notare nelle zone del legno che sono più levigate per i
continui sfregamenti.
E' verosimile ipotizzare che questa scultura sia stata scolpita tra la fine del 1800 ed il primo quarto del 1900, e che sia passata in mano agli eredi dopo la morte della sua proprietaria.
A differenza di altre sculture Baulè, che di norma risultano simmetriche, qui la composizione è più complessa per la posizione della donna che
allatta il piccolo tenendolo al seno; inoltre, le rappresentazioni della madre col bambino sono rare nell’arte Baulè; quelle più comuni mostrano la madre  seduta sul seggiolino che tiene il piccolo adagiato sulle ginocchia.
Qui la donna è in piedi ed il corpo è scolpito con una leggera torsione, la gamba sinistra è più arretrata rispetto alla destra ed anche la testa è leggermente girata. La donna mostra sul viso, sul collo e sulla schiena i segni di preziosi tatuaggi. Le grosse cavigliere che indossa sono perfettamente scolpite e riproducono fedelmente gli esemplari che i fabbri
Baulè hanno realizzato in bronzo. Sia i tatuaggi che le cavigliere mettono
in evidenza l’elevato rango sociale della donna.
Il viso della madre è colto in un atteggiamento di serenità ma anche di
estrema attenzione per il piccolo che tiene tra le braccia in un gesto materno di protezione. Il bimbo indossa una tunica che testimonia il suo rango.
La base rettangolare di legno che ospita la scultura è stata incisa per
agevolarne il suo alloggiamento; questo sistema era utilizzato in passato
in molte gallerie di Parigi dove si presume che sia stata acquistata negli anni ’50 - ‘60.
La complessità dell’esecuzione, l’eleganza dei particolari, soprattutto il fine lavoro di intaglio con cui è realizzata la pettinatura, pone quest’opera tra gli indiscussi capolavori dell’arte Baulé.

(*) Sandro Volta:  giornalista e scrittore svizzero (Lugano 1900-1986) dopo essere stato direttore de “La Nazione” all’inizio degli anni ’50, fu nominato nel 1952 corrispondente da Parigi de “La Stampa”.
Lì si appassionò all’arte  tribale e tra il 1950-1960,collezionò prestigiosi pezzi d'arte primitiva.
Nel 1957 ne vendette una parte all’asta, ma negli anni ’70 liquidò alcune opere africane cedendole
anche al collezionista di Lugano Carlo Monzino.


VOGEL SUSAN M. “L’art  Baoulé du visible et de l’invisible” Paris 1999  (395)

(Foto Archivio- Rif. 01.517 bis)



25 - BAULE'                                                                                
                           
                                    

                    
Maschera ritratto
Costa D’Avorio
Altezza  28 cm
(Collezione privata, Lugano - 2004)
                                                                                                                               
Legno duro a patina nera laccata; tracce di erosione

Provenienza: Galleria Robert Duperrier
Esemplare acquistato dall’artista  Jorge Eielson (Milano)
durante il suo soggiorno a Parigi negli anni 1971/1972
                                    
La ricercatrice americana Susan Vogel che ha documentato nel 1999 il mondo
dell’arte Baulè, descrive questo tipo di maschera  che rappresenta il ritratto di un uomo.

...“Le maschere Mblo utilizzate nelle danze dei divertimenti che sono reinventate
ogni due generazioni, sono una delle forme più antiche dell’arte Baulè.
Queste maschere raffinate che rappresentano dei volti umani, oggetti Baulè
prototipi di collezioni d’arte, sono generalmente il ritratto di un individuo molto
conosciuto.
Nel corso di tutto il  XX° sec. queste maschere molto varie sono state fabbricate
in maggior quantità degli altri tipi di maschere Baulè.
I Baulè pensano che esse siano sempre esistite: i discendenti del clan Mamla
pretendono di aver ereditato queste maschere quando i loro antenati sono
emersi dalla terra o discesi dal cielo, e nei villaggi non Mamla si pensa che siano
così vecchie che le loro origini non possono essere conosciute.
Più che tutte le altre maschere, le Mblo incarnano lo stile scultoreo Baulè
fondamentale che si manifesta nelle statuette e negli oggetti decorati: cucchiai,
pettini, pulegge e altri oggetti simili.
Le superfici curve ben lucidate suggeriscono il riflesso della propria pelle sana e
ben nutrita e sono valorizzate con disegni delicati che rappresentano la
pettinatura, i tatuaggi e gli altri ornamenti.
I visi sono idealizzati e pensosi e offrono la fronte alta dell’intelligenza sveglia e i
grandi occhi socchiusi della presenza rispettosa del mondo.
Le decorazioni che si trovano sul volto sono scelte per la loro bellezza e non per
un significato iconografico: esse denotano la bellezza personale e il desiderio di
portare piacere agli altri.”…. (Vogel, pag. 141)

Questo esemplare rappresenta il volto di un personaggio maschile ritratto con
una pettinatura a ciocca centrale simmetrica;  la sua perfetta esecuzione
testimonia la grande abilità dello scultore. L’attaccatura dei capelli alla fronte è
valorizzata da un profilo in rilievo a due gradini. La fronte è ampia e ben levigata,
il naso, alla radice si unisce alle sopracciglia, gli occhi sono due sottili fessure
protette dalle palpebre, la bocca è sporta in avanti. La barba ben curata, avvolge
il viso e finisce sotto il mento con un’elegante spirale, prerogativa di un
personaggio di rango elevato.
La superfice della maschera è trattata con una patina nera laccata. Il bordo
interno è di uno spessore insolito e tutt’intorno vi sono i segni di erosione.
E’ verosimile ipotizzare che la maschera sia servita a più generazioni e sia
passata in mano agli eredi dopo la morte del suo proprietario.
Lo stile di questo esemplare risulta perfettamente simmetrico in tutta la sua
composizione, a differenza di altre maschere Baulè nelle quali lo scultore si
distingue per la rappresentazione di alcuni dettagli scolpiti in modo asimmetrico.

VOGEL SUSAN M. “L’art  Baoulé du visible et de l’invisible” Paris 1999  (395)

(Foto Archivio- Rif. 04.216 bis)                                            


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